martedì 2 dicembre 2008

25 NOVEMBRE GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE


I loro nomi, le loro storie restano come memorie, la prova di una verità odiosa, crudele: Hina accoltellata a Brescia dal padre, Vjosa uccisa dal marito a Reggio Emilia, Paola violentata a Torre del Lago, Sara colpita a morte da un amico a Torino... e tante altre ancora!!!In Italia, negli ultimi anni, un milione di donne ha subito violenza, fisica o sessuale. Solo nei primi sei mesi del 2007 ne sono state uccise 62, 141 sono state oggetto di tentato omicidio, 1805 sono state abusate, 10.383 sono state vittime di pugni, botte, bruciature, ossa rotte. Leggevamo che le donne subiscono violenza nei luoghi di guerra, nei paesi dove c'è odio razziale, dove c'è povertà, ignoranza, non da noi. Eccola la realtà: in Italia più di 6 milioni e mezzo di donne ha subito una volta nella vita una forma di violenza fisica o sessuale, ci dicono i dati Istat e del Viminale che riportano un altro dato avvilente. Le vittime - soprattutto tra i 25 e i 40 anni - sono in numero maggiore donne laureate e diplomate, dirigenti e imprenditrici, donne che hanno pagato con un sopruso la loro emancipazione culturale, economica, la loro autonomia e libertà. Da noi la violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente delle donne tra i 14 e i 50 anni. Più del cancro. Più degli incidenti stradali. Una piaga sociale, come le morti sul lavoro e la mafia. Ogni giorno, da Bolzano a Catania, sette donne sono prese a botte, oppure sono oggetto di ingiurie o subiscono abusi"È un femminicidio", accusano i movimenti femminili, "violenza maschile contro le donne": così sarà anche scritto nello striscione d'apertura del corteo a Roma per il 25 Novembre in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne istituita dall'Onu, una manifestazione nazionale che ha trovato l'adesione di centinaia di associazioni impegnate da anni a denunciare una realtà spietata che getta un'ombra inquietante sul tessuto delle relazioni uomo-donna.
Sì, perché il pericolo per le donne è la strada, la notte, ma lo è molto di più, la normalità. Se nel consolante immaginario collettivo la violenza è quella del bruto appostato nella strada buia, le statistiche ci rimandano a una verità molto più brutale: che la violenza sta in casa, nella coppia, nella famiglia, solida o dissestata, borghese o povera, "si confonde con gli affetti, si annida là dove il potere maschile è sempre stato considerato naturale", saggista e femminista. L'indagine Istat del 2006, denuncia che il 62 per cento delle donne è maltrattata dal partner o da persona conosciuta, che diventa il 68,3 per cento nei casi di violenza sessuale, e il 69,7 per cento per lo stupro. "Da anni ripetiamo che è la famiglia il luogo più pericoloso per le donne. È lì che subiscono violenza di ogni tipo fino a perdere la vita., E purtroppo c'è un aumento", dice Valentina Spata, "All'interno delle mura domestiche la violenza ha spesso le forme di autentici annientamenti, si comincia isolando la donna dal contesto amicale, poi proibendo l'uso del telefono, poi si passa alle minacce e così via in una escalation che non ha fine". In Italia, l'indagine Istat ha contato 2 milioni e 77mila casi di questi comportamenti persecutori, stalking come viene chiamato dal termine inglese, uno sfinimento quotidiano che finisce per corrodere resistenza, difesa, voglia di vivere. Sanzionare penalmente lo stalking, significa, tanto per cominciare, riconoscerlo. Un altro dato angoscioso è che il 96% delle donne non denuncia la violenza subita, forse per paura, forse perché non si denuncia chi si ha amato, forse perché non si hanno le parole per dirlo. La manifestazione del 25 Novembre a Roma vuole spezzare proprio questo silenzio. "Una occasione per prendere parola nello spazio pubblico". "Manifestiamo per dire che la violenza non è un problema di pubblica sicurezza, né un crimine di altre culture da reprimere con rimpatri forzati, e che per vincerla va fatta un'azione a largo raggio". Va fatta una legge, concordano tutti. "Speriamo di arrivarci in tempi brevi - "Serve una legge che non cerchi scorciatoie securitarie ma punti a snidare la cultura che produce la violenza - Una legge come quella spagnola, la prima che il governo Zapatero ha voluto perché riguarda la più brutale delle diseguaglianze causata dal fatto che gli aggressori non riconoscono alle donne autonomia, responsabilità e capacità di scelta. Ecco il salto culturale. Chiediamo che anche da noi il tema della violenza sia assunto al primo punto nell'agenda politica dei governi. Chiediamo un provvedimento che dia risorse ai centri antiviolenza e sistemi di controllo della pubblicità e dei media, cattivi maestri nel perpetuare stereotipi che impongono sulle donne il modello "fedele e sexy". E chiediamo agli uomini di starci accanto, di fare battaglia con noi".


Valentina Spata

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